venerdì 21 settembre 2012

sul perché dell'espressione artistica

Prima di affrontare il tema delle dominanti cromatiche e della temperature di colore, volevo dare spazio ad una riflessione che mi assilla da qualche giorno, anche in virtù di ciò che ho scritto relativamente all'ispirazione ed ai contenuti della fotografia. La questione nasce dal motivo stesso per cui scrivo queste pagine, ovvero perché le scrivo? Credo che sia per lo stesso motivo per cui fotografo ed espongo le mie fotografie, sia su Deviantart che su Fotocommunity oltre altri generici portali, cioè, di fatto, esibizionismo. In senso buono... potrei anche a spingermi a definirla "necessità di performance artistica", confermando involontariamente l'affermazione che l'arte è prima di tutto comunicazione ed espressione di un'interiorità che a volte si sente il bisogno di esternare. Non è detto che ci si riesca, anzi, come ho già sostenuto i risultati sono spesso di poco conto, ma questo non vuol dire che non dobbiamo provarci; generalmente qualsiasi espressione "artistica", a parte forse l'architettura, possiede la caratteristica di essere discreta, di non imporre la propria presenza, di non ostentare se stessa se non a chi ha voglia di accoglierla. Nessuno ci obbliga a leggere un libro ne tantomeno un blog, ne a vedere un film ne una foto. addirittura, se per caso affrontiamo la visione di un film che non ci piace, o di un libro non adatto al nostro momento, abbiamo piena libertà di andarcene o smettere di leggere. Si potrebbe quindi affermare che l'oggetto dell'arte, ha più una valenza liberatoria per l'artista che per chi lo riceve, uno sfogo che forse nessuno ascolterà mai. 
Qui si apre un altro tema: il consenso. La necessità di dimostrare il nostro valore, che in fotografia è, specialmente agli inizi, di carattere tecnico, ci porta velocemente a snaturare il nostro sentire (o meglio "vedere") per accomodarci nella riproduzione di un qualcosa che appaghi non tanto noi, quanto il nostro pubblico. Niente di sbagliato, anzi... se ci viene commissionato qualcosa, un ritratto, un matrimonio, è il committente/soggetto che deve essere soddisfatto, cosa che fino ad un certo punto rende lecito anche il ritocco "pesante"; ma se vogliamo esprimere noi stessi è giusto inseguire la moda? Realizzare immagini omologate per accumulare i "mi piace"? dove siamo "noi" in una simile operazione? Certo è tutto più facile, spesso lo faccio anch'io, ma poi mi deprimo, e perdo stimolo, non fotografo per mesi fino a che qualcosa non riaccende quella scintilla che latente mi porto dentro da ormai tanti anni. Vorrei arrivare a dire che non è necessario fare 150 foto ogni domenica e 500 vacanza... oppure fotografare qualsiasi manifestazione folcloristica o evento paesano che ci venga in mente, a meno che qualcosa non vi solletichi la bocca dello stomaco. Riprendiamoci, se non diversamente obbligati, la dimensione personale della performance senza essere schiavi dei temi vuoti imposti dalle riviste di settore e dei tecnicismi inutili proposti dai produttori di fotocamere a meno che questi non siano la nostra vera ispirazione!



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