Hippolyte Bayard - Noyé - il primo autoritratto "costruito" nella storia della fotografia
E' un po’di tempo che vorrei affrontare il tema dell’autoritratto, ma ammetto di essere confuso a riguardo. O meglio non riesco a scriverne perché è “polimorfo”; non riesco ad individuare un filo conduttore che ne circoscriva l’essenza in un pensiero riproducibile.
Forse l’imbarazzo nasce dal fatto
che i due estremi del polimorfismo conducono su due strade talmente distinte da
essere di fatto due fenomeni diversi. Non è una mia interpretazione ma ne è
piena la letteratura: l’autoritratto può esporre dalla parte più intima e vera
del sé alla più totale finzione. La stessa motivazione che induce alla finzione
è duplice: può trattarsi della necessità di esporre un qualcosa del nostro io
che non siamo capaci di esprimere, cioè quello che vorremmo essere e comunque una
parte che emerge dal profondo, come pure un adeguamento ad una immagine
standardizzata, cioè quello che saremmo se facessimo parte di un mondo patinato
che di fatto non ci appartiene ed al quale non apparteniamo. Ma perché autoritratto
allora? Credo che i motivi principali siano tre:
-Il primo è l’intimità con la
quale qualcuno riesce ad esprimersi di fronte a se stesso… “ho qualcosa da dire,
un pensiero, un’emozione e non può essere un altro ad esprimersi per me”. E’ l’autoritratto
che generalmente non è costruito, è essenziale e crudo, una confessione scomoda
esposta al pubblico in maniera velata, che non tutti sapranno cogliere se non
quelli che meritano di conoscere, che riescono a godere del dono dell’empatia. Sono
gli autoritratti che preferisco; a volte seguendo qualcuno sui social network
si riescono a cogliere sfumature e stati d’animo che mi fanno pensare di
conoscere profondamente una persona che
talvolta non ho neanche mai incontrato.
-Il secondo è la presunzione che
nessuno possa riprenderci e conoscerci altrettanto bene come noi stessi. Figlie
di questo stimolo sono immagini costruite, nella scenografia, nel trucco nelle
luci e nella posa; poco spontanee, ma sicuramente ben realizzate. Rientrano tra
questi, anche gli scatti materialmente realizzati da altri dei quali (altri)
però non emerge nulla se non l’atto meccanico dell’inquadratura e dello scatto.
In fondo anche il regista di un film non effettua nella maggior parte dei casi
le riprese, però è comunque sua l’interpretazione della sceneggiatura. La
sensazione, ma è proprio una personale sensazione, è che mentre nel primo caso
il soggetto/fotografo stia cercando dentro di se qualcosa che deve far uscire
per far chiarezza sulla propria esistenza, in questo, ed è per questo che ho
parlato di presunzione, l’idea che si vuol dare di se sia un messaggio chiaro e
preciso.
-Rimane la “vergogna”…ma di chi? Anche
in questo caso i soggetti si spogliano, ma invece che delle maschere, proprio
dei vestiti. Foto brutalmente riprese allo specchio col volto nascosto dal
flash del cellulare, rese pubbliche, con risultati talvolta tecnicamente agghiaccianti,
sui social network, dove, se uscite dal profilo personale perdono completamente
di identità perdendosi nella rete, come messaggi dentro bottiglie. In questo
caso un fotografo migliorerebbe la situazione a livello “individuale”, mentre è
interessante il fenomeno a livello “sociale”. Da chiedersi è il perché di
questo, e non come domanda retorica… è incredibile il terrore che a volte le
persone esprimono davanti ad un fotografo anche occasionale, e poi pubblicano
una becera foto senza veli su un social!
Il discorso da affrontarsi esula
dalle mie competenze, e anche la categorizzazione esposta è tagliata con l’accetta.
Ogni foto, ogni fotografo ed ogni soggetto è un mondo a se e probabilmente
ogni osservatore coglie particolari diversi generando una molteplicità di
permutazioni semplici da rendere infinito l’aspetto interpretativo. Per questo
sono convinto di essermi imbarcato in un’impresa impossibile (quella di racchiudere
l’autoritratto in un ambito intellegibile), resta però il fatto che vorrei
tanto essere dietro la macchina a scattare tutte quelle anime descritte al primo punto.